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Derivati, la riforma che coinvolge
Goldman, JpMorgan, Citi e BofA

di Vittorio Carlini

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13 marzo 2010
Derivati, la riforma che coinvolge Goldman, JpMorgan, Citi e BofA

Le big four di Wall Street, negli Usa, gestiscono oltre il 90% dei contratti scambiati Over the counter. Cioè su quelle piattaforme nel mirino di politici e regulator. Ma la riforma è un passo avanti? Il parere degli esperti

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Le big four di Wall Street
Quel che è sicuro, invece, è che l'eventuale stretta coinvolgerebbe soprattutto alcuni big di Wall Street. Questa considerazione la si desume dai dati pubblicati dal Comptroller of the Currency. Secondo i numeri dell'agenzia americana, su circa 202 trilioni di dollari di derivati scambiati Over the counter oltre il 90% è intermediato da sole quattro banche: JpMorgan, Goldman Sachs, Bank of America e Citibank. Al di là dell'inevitabile "sospetto" su chi riesca a guadagnare con simili contratti, ciò che più rileva è il rischio insito in un mercato concentrato in poche mani. Se, infatti, una di queste banche dovesse avere dei problemi l'intero sistema potrebbe saltare. Finora non è successo perché Washington lo ha impedito: too interconnected to fail, è il mantra cui si aggrappa Wall Street. Ma è un circolo vizioso.

«A ben vedere - dice Beltratti - la soluzione sensata potrebbe essere l'istituzione di una controparte centralizzata, che garantisca il pagamento nelle contrattazioni. Insomma la creazione di una clearing house». Anche se non è solo questione di stanza di compensazione. «L'impostazione che sembra prendere forma in Basilea III - spiega Resti - di maggiori garanzie patrimoniali per chi opera con questi contratti mi vede favorevole. Io sono per il libero mercato, ma nel senso vero del termine». Vale a dire? «Bisogna che chi agisce si assuma lui il rischio delle suo operato. Se un'azienda inquina deve essere lei a pagare il costo del danno ambientale. Analogamente, le banche non possono esternalizzare il rischio della loro attività: al contrario, bisogna che lo riportino al loro interno».

Chi dubita dell'efficacia di una regolamentazione, però, sottolinea anche un altro elemento: avviare una stretta in un solo paese ha poco senso; se si vuole continuare la stessa attività, si può benissimo spostarla su altri prodotti o in altri stati. «In effetti - ammette Beltratti - la delocalizzazione è plausibile. Per questo c'è bisogno di una normativa il più possibile globale. Per raggiungere questo scopo, la promulgazione di una nuova legge negli Stati Uniti sarebbe importante: farebbe da apripista ad altri stati». Magari non si arriverà ad una norma globale, ma pensare ad un coordinamento maggiore, per esempio delle autorità di controllo, sulla base di maggiori requisiti di trasparenza ( «la simmetria informativa -afferma Beltratti - , oltre ad una maggiore cultura finanziaria del retail, è buona cosa») e di garanzie patrimoniali è un passo auspicabile.

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La storia dei derivati

vittorio.carlini@ilsole24ore.com

13 marzo 2010
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